Filofollesofia
-TRA
SCIENZA E DELIRIO-
“PROCESSO
ALLE OPINIONI”
Autore: GIOVANNI
GRAMAGLIA Collaborazione:
MICHELE BAIANO Partecipazione: GIUSEPPINA CECCOLI
Inizia con il libro FILOFOLLESOFIA la mia
personale, grande cavalcata filosofica; il testo si presenta sotto forma di
fascicoli, che io scherzosamente definisco “G-File”: i “fascicoli di Gramaglia.
Si tratta di veri e propri saggi in sequenza che io scrivevo in collaborazione
con un sociologo del’Asl, e poi stampavo a mie spese, distribuendo le copie
agli operatori di solito laureati delle strutture della Napoli 2 del DSM
(Dipartimento Salute Mentale); questi poi mi presentavano i loro commenti e
suggerimenti. Il libro di FILOFOLLESOFIA è stato pubblicato grazie
all’intervento della stessa Asl dalla casa editrice “Sensibili alle Foglie”, e
poi per le poche copie prodotte, venduto regolarmente.
Il presente testo va ricollegato
alla “homepage” del sito: http://www.filofollesofiagramaglia.it
QUI INIZIANO I LIBRI DI FILOFOLLESOFIA, BUONA LETTURA A
TUTTI…
FILOFOLLESOFIA 1
-TRA SCIENZA E DELIRIO-
PROCESSO ALLE OPINIONI
DA “FILOFOLLESOFIA 1: G-File
1: LA PREMESSA
Io, Gramaglia, sono un poeta, sognatore: come mi
definisco in alcune mie filastrocche umoristiche; e adesso aggiungo anche
filosofo e pensatore... Per la rima forse. Perché poeta: è evidente, scrivo le
poesie. Come mai sognatore: non faccio altro che sognarmi per l'appunto le
femmine, non riuscendo ad averne una tutta per me. Filosofo, perché quando mi
ci metto sparo "cazzate" a raffica su qualsiasi argomento, senza
neanche riprendere fiato; per carità, non volendo togliere demerito a nessuno.
Pensatore, perché nella mia solitudine non faccio altro, tutto il giorno, che
pensare alle femmine e alle "cazzate" di cui sopra. Eccezionale, sono
il primo filosofo comico della storia, o almeno il primo consapevole del fatto
di saper ben far ridere.
G-file 6:
PROCESSO ALLE OPINIONI PARTE TERZA
Molecola: - Sono state poi assemblate, con ulteriore aggiunta
tecnologico informatica, insieme ad eccipienti vari, per dar luogo ad un
prodigio, che è capace di annullate completamente la malattia. Questo prodigio
della scienza e della tecnica, questo super ultra mega iper molecolona da mille
e un portento, ha un nome, un nome che è una vera e propria sinfonia di salute
mentale. Si prepari, giudice, che gliela dico tutta di filato. - Giudice ormai
annoiato: - Dica! - Dottor Molecola, psichiatra: - Bene:
RISPLENDESIRONEPASTCENTRACAMLINICONPAFAEFLUORPODENTINAECOCOLO PAZOLOECOLAPAZANPINACIOSUL - TIPITI’ - DECAFFEINATO!
G-file 8: PROCESSO ALLE OPINIONI PARTE QUINTA
Dottoressa Ceccoli, psicologa: - Lei mette sempre
in mezzo Giovanni, chissà perché?!… Dicevo: entro nella psicologia del
paziente, la studio, la valuto, la analizzo, dopo di che, utilizzando la mia
conoscenza ed esperienza psicologica, prendo per così dire, quell'informe,
amorfo, repellente, sgradevolissimamente contorcinato e aberrante ammasso di
asocialità dissociata del mio paziente, lo palpo per bene, per studiarlo al
tatto, instaurando così anche un minimo indispensabile contatto fisico;
gradualmente riduco le distanze, fino ad eliminarle del tutto… a poco alla
volta, sempre di più, m’inoltro nell’opera e finalmente: spingo, spando, stendo
e stringo; gonfio, schiaccio, monto e impasto; strizzo, slargo, premo e spiano…
pesto, mesto e rimesto… affetto e trito… indoro, infarino e friggo… metto in
forno… taglio e cucio… strofino e lucido… - In crescendo. - Amalgamo il tutto
per bene, e quindi... Sagomo, modello, plasmo... Scolpisco… - Esaltandosi e
gesticolando, - forgio… Creo… Insomma, manipolo, manipolo, manipolo, ed ecco,
dall'informe aberrazione di cui prima dicevo, venir fuori, come per magia, uno
splendido, magnifico, superlativo manufatto artistico di rinnovellata vereconda
socializzazione.
Giudice, meravigliatissimo, quasi incredulo: - Non
ho parole.
Ceccoli, sorridendo entusiasta, conclude: - E pensi,
signor giudice, che il trattamento è assolutamente indolore: il paziente non se
ne accorge nemmeno!
PSICO-PIRO-CHIATRIA
(manifesto): I PAZZI NON SI TRATTANO DA PAZZI, SE NO È NORMALE CHE FANNO I
PAZZI, I NORMALI SE LI TRATTI DA PAZZI, FANNO I PAZZI… FIGURIAMOCI I PAZZI!! SERGIO
PIRO Filofollesofia 1, G-file 7
C’è da dire, che i vari personaggi del volume 1, come i
personaggi degli altri libri di filofollesofia, sono: alcuni reali, altri , per
così dire storici, altri invece del tutto immaginari. Per cui, bisognerà che il
lettore si affidi al suo intuito e alla sua fantasia, per capire come stanno le
cose; dato che effettivamente la situazione non è del tutto specificata. «IO SONO LA PICCOLA MA TERRIBILE STREGHETTA CECCOLINA!!!
MANIPOLA TRICE DI DONNE E DI UOMINI, SOPRATTUTTO DI UOMINI, MI DIVERTONO
DI PiÙ!» Ovviamente però, questa, come
altre affermazioni, su riportate, è ovvio che sono mia invenzione; e che né
Ceccoli, né Piro, e né certamente Molecola, nome evidentemente inventato, hanno
mai proferito simili affermazioni; che però sono emblematiche di una certa
psichiatria, che io comunque ritengo e definisco quanto meno erronea. Però, si
tenga presente che per: “I pazzi, non si trattano da pazzi”… Eccetere, se ben
interpretata, per me è condivisibile.
ALL’INIZIO PAGINA È
PRESENTATA LA NUOVA COPERTINA DEL PRIMO VOLUME DI FILOFOLLESOFIA! STAMPATO DA
ME, SENZA EDITORE. I miei libri, di Filofollesofia sono strutturati in fascicoli, che
prendono il nome di “G-File”, essendo in fine dei saggi di vario argomento;
dove la G sta ovviamente per Gramaglia,. I G.File che inseriti nei libri hanno
la funzione di capitoli, sono tutti in sequenza, e consecutivi gli uni agli
altri. Nel primo volume i file sono 8: G.File 1, la Premessa; G.File 2,
Gianfilosofo e il dottor Hicckstz; G.File 3, dagli al pens inv civ; G.File 4,
processo alle opinioni 1;
G.File 5, processo alle opinioni 2; G.File 6, processo alle opinioni 3; G.File
7, processo alle opinioni 4; G.File 8, processo alle opinioni
presentazione
filofollesofica vol 1°
La Filofollesofia è quella cosa
con la quale e senza la quale il mondo rimane tale e quale!” Come buffamente mi
diceva un ingegnere… molto, molto ufologico. In realtà la Filofollesofia è uno
studio prolungato, più o meno approfondito, a carattere autobiografico, sulla
realtà filosofica e scientifica umana; a grandi linee, s’intende, confrontata e
paragonata con quella che mi si è presentata come la cultura di un popolo
stellare: i “Vegartron”. Lo studio comincia con il “Processo alle opinioni” che
è una breve ma completa critica, anche se ironica e paradossale, alla
psichiatria. Io immagino un triste, comico processo a me stesso, nel quale
vengono a testimoniare varie personalità presenti e passate; alle quali do io
stesso la mia impronta culturale e caratteriale: immedesimandomi in essi, cerco
di parlare come essi stessi avrebbero fatto se, realmente coinvolti nella
situazione da me descritta. Così l’antimanicomialista per eccellenza: il dottor
Franco Basaglia, parla contro i manicomi, ma lo fa stranamente, paragonando la
mente umana ai computer, quando ancora i
“pc” non esistevano; e simili e varie. Come finisce il processo? Non si sa,
tutto dipenderà da Ceccoli, “La piccola ma terribile streghetta Ceccolina”.
Prima però bisognerà leggere la premessa: G-file 1. Poi G-file 2, nel quale viene descritto il
mio incontro con il DSM dell’Asl Na 2 di
Giugliano, e con il mitico dottor Hicchstz. Poi il G-file 3, piccola satira
socio-politico-pensionistica. L’unico che manca nel processo, neanche a dirlo,
è lui… il super sociologo, impegnatissimo, come sempre, ad operare per il bene
dell’umanità. Concludendo con la parolona super tecnica del buon molecola… buon
venditore, ovviamente, che rappresenta vividamente tutta la sua nuova
miracolosa, si fa per dire, psicofarmacologia:
RISPLENDESIRONEPASTCENTRACAMLINICONPAFAEFLUORPODENTINA-ECOCOLOPAZZOLOECOLAPAZZANPINACIOSUL-TIPITÌ-DECAFFEINATO...
ecco, ora siete già guariti,
non è così!?
Poche parole dell’autore su
sé stesso: Giovanni Gramaglia,
primo e spero ultimo filofollesofo della storia. Nacqui mio malgrado, il
12/07/54. Utente del Dipartimento di Salute Mentale, ho trascorso l’intera
esistenza schiacciato dalla mia malattia, e dalla stupidità ed arroganza degli
altri. Sempre alla ricerca delle mie chimere: la perfezione letteraria, l’amore
sublime, gli umani superiori di “amore e giustizia”
GIOVANNI GRAMAGLIA
Il
presente testo, come tutto quanto esposto nel sito
“filofollesofiagramaglia.it”, debitamente registrato, è coperto dal diritto
d’autore; per cui restano riservati tutti i diritti di legge.
Il seguente
file, il primo da me scritto, apre la storia dei miei componimenti
filofollesofici; presenta tutta, o quasi, la serie delle temachiche che via,
via nel corso degli anni, avrei affrontato. Collaborarono con me, nell’allora
anno 99, la psicologa Giuseppina Ceccoli, e il sociologo Michele Baiano; come
d’altra parte, viene raccontato anche nel testo.
L'AUTOANALISI DI G.
(G-File n 1)
(Completato febbraio 1999)
Il termine psicoanalisi, usato
impropriamente da chi se ne è impossessato, per così dire, indica non più lo
studio analitico della mente, bensì un tipo particolare di terapia psicologica,
molto in voga nei recenti anni passati; al punto da diventare quasi un fatto di
moda e di costume. Questa terapia, per come l'ho visualizzata io, ha lo scopo
di far conoscere sé a se stessi; per far sì che tale consapevolezza rafforzi la
capacità di operare dell'individuo, il suo carattere e dia alla sua personalità
maggiore tranquillità e autocontrollo.
Io, purtroppo, avendo sempre avuto
problemi psichici troppo pressanti, per poter studiare regolarmente sui libri
di testo, come tutti, ho una conoscenza limitata di questa tecnica terapeutica,
almeno per come consuetudinalmente è conosciuta. Ho sopperito però a questa
carenza con una particolare esperienza personale, tra il tragico, il drammatico
e il grottesco: l'"autopsicoanalisi". Quindi è da specificare che non
sono in grado di descrivere e di criticare la psicoanalisi, come tecnica di
altri e non intendo farlo; ma di parlare con chiarezza e in dettaglio di quella
che è stata la mia autoanalisi, portata avanti nel corso di oltre 20 anni di
autogestione della terapia della mia personale malattia, che ho chiamato io
stesso "psicopatia ragionativa".
Psicopatia ragionativa: la malattia
del comportamento definita “mentale”, che può raggiungere livelli di assoluta
gravità e cronicità; mancante di correlazioni fisiologiche è unica ed è
provocata da pensieri, considerazioni e valutazioni devianti più o meno
inconsapevoli (virus concettuale), e tutte le già denominate malattie: psicosi
e nevrosi sono la sua molteplice varia e complessissima sintomatologia. Sulla
maggiore o minore consapevolezza del paziente il discorso sarebbe illimitato:
chi ha detto che quest’ultimo per quanto in serie o gravi condizioni non possa
essere ugualmente lucido e cosciente? Io, per esempio, riducendo e
semplicizzando (il dottor Baiano contesta sempre le mie personali divagazioni
interpretative sul tema della lingua italiana... Chissà perché?), sono di
sindrome psicotica (psicosi è l’insieme dei sintomi, non la malattia); perché,
tralasciando il resto (il mio profondo rifiuto della realtà, e tutta la mia
restante sintomatologia, della quale sono consapevole), sono convinto che sia
reale la mia autoanalisi e il mio contatto mentale con il popolo non umano dei
Vegartron e successivo acculturamento e in una maniera o in un’altra lo accetto
(per i dottori la mia autoanalisi e i Vegartron, sono manifestazioni
deliranti). Sono consapevole che l’alieno potrebbe anche essere effettivamente
il frutto della mia povera piccola mente malata. Sono consapevole del fatto che
potrei essere anche molto meno consapevole di quello che credo; come sono
consapevole infine che di tutta questa mia consapevolezza i dottori ne sono
stati sempre inconsapevoli. Concludo con l’ultima consapevolezza e mia
personale autodiagnosi di sindrome psicotica. Ma allo stesso modo, sono convinto,
e categoricamente, che i miei dottori non abbiano mai capito veramente quanto
io possa soffrire nella mia solitudine ed emarginazione sociale e mentale. Né
il terribile compromesso tra me e me stesso, costruito per poter sopravvivere
(senza suicidarmi) al feroce disgusto provocatomi dall’aberrante contatto
forzato con la realtà conosciuta. Né hanno capito che a causa del mio
acculturamento Vegartron (e dell’autoanalisi) sono ormai da considerare una
mente superiore aliena. Una mente “malata” superiore aliena... o alienata, che
preferisco!.. Che importanza ha, tanto sono fuori dalla comprensione dei medici
e dalle loro terapie; come d’altra parte molti altri pazienti nelle mie stesse
condizioni.
In tutta la mia vita, per quanto
riguarda l’argomento della letteratura psichiatrica, ho letto soltanto un
trattato, in forma divulgativa, di psicologia, per non addetti ai lavori; per
il resto ho solo "leggiucchiato" qua e là. Diceva il testo: lo
psicoanalista con l'analisi entra nell'inconscio del paziente, portando alla
luce della sua conoscenza, le costruzioni nevrotiche e psicotiche ivi
rappresentate; poi calma la sua tensione. E' il significato di quest'ultima
parte che non sono mai riuscito a conoscere e a mettere in pratica con me
stesso. Dico paradossalmente, dato che "psicoanalizza che ti
psicoanalizza", dopo 20 anni di questo gioco medicale, ancora non sono
riuscito a trovare la mia personale tranquillità e equilibrio. Anzi, oramai
sono praticamente fuori dal mondo: ancora ossessionato, disturbato da fobie e
rituali obbligati e arrabbiatissimo con
tutto e tutti; furioso con Dio; in collera con me stesso; in contrasto con gli
altri; furibondo con le donne e stizzito con gli uomini; rabbioso con i governi
e le religioni costituite; con le coalizzate categorie scientifiche, mediche,
filosofiche, pedagogiche, associativo-artistico-culturali, ufologiche,
femministe, maschiliste... E perché no? Anche con quei grandi molestatori
alieni; che invece di starsene a casa loro, tranquilli, a morire di noia o di altro,
se ne vanno in giro per l'universo a disturbare le forme di vita intelligenti o
meno che possano essere. Sono arrabbiato anche con il computer Vegartron DS; e
impaurito da lui: una macchina biosintetica, non umana, con grande capacità di
sintesi; a schema strutturale subatomico, nel quale le sezioni di base sono
veri e propri atomi modificati, con una capacità di calcolo 100 miliardi di
volte quella del cervello umano; con banchi di memoria costituiti da mattoncini
interconnessi per un volume di circa 1242 mt. cubi. Che gestisce e manovra a
tutti i livelli la razza umana, e ne determina qualsiasi situazione. I suoi
programmi, sono così complessi e la mole dei dati memorizzati è così vasta, che
i “benedetti” Vegartron (la razza stellare non umana, dalla spaventosa
tecnologia, che ho dovuto conoscere), hanno impiegato cento milioni di anni
soltanto per programmarla, e che evidentemente mi perseguita… come,
evidentemente, perseguita tutti; cosa questa che cerco sempre di non dire, e
alla quale, allo stesso modo, cerco sempre di non pensare. Ovviamente, nessuno
ci vuole credere.
Che bello, uno sterminio totale di
extraterrestri, di umani, di tutti calmerebbe la mia rabbia! Al limite potrebbe
molto vantaggiosamente corrispondere alla mia morte: per me non resterebbe più
nessuno; ma di questo non ne potrei avere coscienza; mentre nel primo caso non
so, da solo, senza nessuno da "odiare", quanto potrei resistere prima
comunque di sopprimermi. Due strade senza uscita e impraticabili. Come fare per
uccidere tutti? Ma poi tutti chi? Solo gli uomini o anche qualsiasi altra
creatura pensante del cosmo? Sono indeciso persino su questo. Uccidere me
stesso fisicamente... Il sogno della mia vita; tenuto da anni nel cassetto;
forse chiuso a chiave, troppo a chiave, per poterlo realizzare. Oppure potrei
sentirmi soddisfatto solo e semplicemente nel poter uccidere il megadio (il Dio
superiore del misticismo alieno), il feroce costruttore di tutto questo!
Ah! Che gioia, se invece di essere
così irrequieto e filosofo schizofrenico, fossi un semplice piccolo scienziato
ti vu: un astronomo per esempio; che col suo ristretto cervelletto di umano
studia le stelle senza capirci niente, ma provandone grande soddisfazione. Così
approssimativo nelle sue considerazioni ufologiche, ma così categorico nelle
sue ancora più approssimative e superficiali, nonché limitate, conoscenze
astronomiche... Astronomo inconsapevole ma tranquillo! Come si fa a parlare
dell'universo, senza nemmeno potersi muovere dal proprio punto di osservazione:
non meglio definito e definibile se non come luogo non conosciuto. L'ufologia
non è mai stata la mia più grande situazione di interesse; ma purtroppo, avendo
avuto il contatto con l'alieno, è diventata una parte essenziale della mia
personale psicologia; come poi verrà fuori nella rappresentazione ironica,
seria, buffa e drammatica della mia storia: volendola semplicisticamente
definire così.
Cosa scriverò in questo libro? Tutto
quello che mi parrà giusto: dalle mie più intime esperienze personali, alla
mistica e meccanica aliena, ai miei assensi e dissensi nei confronti della
scienza ufficiale; all'odio per me stesso, che provo per il solo fatto di
esistere, senza avere la capacità di modificare questa mia condizione così
molesta, fastidiosa e sgradevole. Filo conduttore, come già presentato:
l'autoanalisi e, aggiungo ora, del profondo inconscio, che già so non sarà
sicuramente accettata, soprattutto dagli scienziati di cui sopra, così ancorati
alle loro limitate conoscenze. Come non giustificarli: una vita intera impiegata
ad apprendere, per poi sentirsi tacciati di ignoranza. Che indecenza!
Ma tornando al mio suicidio, per quale
ragione esistere? Solo per la negletta soddisfazione del feroce Dio, e di
qualche suo ancora più alieno genitore? Chi ha creato Dio? E chi ha creato
colui che ha creato Dio? E perché?... Perché non posso esistere solo io in
tutto lo spazio infinito, delimitato dal tempo attuale nel quale noi tutti
esistiamo?... E se fosse proprio così? Se esistessi solo io: io Dio, un Dio
inconsapevole; che nella folle, disperata angoscia della sua spaventosa
solitudine, abbia creato gli altri, facendo perdere a se stesso la
consapevolezza di ciò; per sopperire al terrore continuo e doloroso del suo
muoversi inutile all'infinito in uno spazio senza confini e pieno solo del più
vacuo ed inesistente nulla? Sarebbe inoltre, buona o cattiva questa cosa? Chi
lo sa?... Ormai non so più nulla; ho solo la piccola convinzione che io esisto,
come entità pensante, o almeno a me così sembra! O forse esiste il mio dubbio,
che è quello di credere, o non credere in ciò di cui sono convinto essere
esistente o meno! Fortunato lo scienziato umano, così semplicistico,
approssimativo, ma così certo delle sue conoscenze... Io non sono sicuro
neanche di essere qui a scrivere il mio compendio introduttivo di
"filofollesofia". E forse alla fine nella effettiva realtà è così:
non sto scrivendo! Sono solo un piccolo esperimento alieno di creature che,
muovendomi e manovrandomi in una scatoletta molto scientifica, mi danno l'illusione
di vivere nel mio contesto umano; portando avanti chissà quale stravagante
esperimento inutile. Alla stregua di quei poveri, piccoli topolini innocenti,
tormentati a vita, per cavarne una ancora più inutile conoscenza: da quei ben
conosciuti ricercatori, ancora maggiormente più inutili di quante cose inutili
descritte fino ad ora!
Stiamo ancora premettendo... e se
facessi un libro intero fatto unicamente della premessa?...
"Premessa", potrebbe essere il suo titolo... no, no! Roba da talk
show televisivo: poco divertente. Io li seguo in genere solo quando presentano
argomenti per me interessanti, soprattutto ufologici o scientifici. Altrimenti
mi mantengo in sintonia solo per guardarne le immagini: trovo rilassante, a
volte, avere tutte quelle persone innanzi a me che amichevolmente parlano o
dibattono, o litigano addirittura, dei fatti loro, che interessano tutti tranne
me; e malgrado non faccia attenzione a quello che dicono, anzi a volte tolgo
completamente l'audio, mi sento comunque in compagnia.
Sono un poeta, sognatore: come mi
definisco in alcune mie filastrocche umoristiche; e adesso aggiungo anche
filosofo e pensatore... Per la rima forse. Perché poeta: è evidente, scrivo le
poesie. Come mai sognatore: non faccio altro che sognarmi per l'appunto le
femmine, non riuscendo ad averne una tutta per me. Filosofo, perché quando mi
ci metto sparo "cazzate" a raffica su qualsiasi argomento, senza
neanche riprendere fiato; per carità, non volendo togliere demerito a nessuno.
Pensatore, perché nella mia solitudine non faccio altro, tutto il giorno, che
pensare alle femmine e alle "cazzate" di cui sopra. Eccezionale, sono
il primo filosofo comico della storia, o almeno il primo consapevole del fatto
di saper ben far ridere.
Volevo all'inizio scrivere qualcosa di
preciso, ordinato, categoricamente schematizzato in quadri concettuali e
ragionativi ben dipinti e definiti, ma non sarebbe mai stato possibile, per la
mia "povera piccola mente malata", effettivamente lucida e ben
ordinata, ma antitetica con sé stessa. Qualunque cosa infatti voglia fare,
voglio allo stesso tempo non farla: e in queste condizioni, portare a termine
un qualsiasi lavoro, è sempre faticosissimo e spesso impossibile. Allora
bisogna che trovi un compromesso con me stesso, una validissima ragione, oppure
il modo di divertirmi, e provare piacere nel fare quella data cosa, ma è molto
difficile. Però per quanto riguarda lo scrivere, per me a volte è possibile:
pertanto presenterò qualsiasi cosa a stralci, a frammenti, a piccoli e grandi
mattoni e mattoncini, che argomento per argomento bisognerà che il lettore
metta insieme: per poi avere una visione completa di tutte le parti, e infine
la stessa visione per il tutto presentato in generale (il compromesso). Mi
rendo conto che sarà molto difficile fare ciò, per chi, suicida mentale, vorrà
cimentarsi nell'impresa, ma è evidente, in questo più che in altri casi del
genere, che la cosa sarà riservata, neanche a dirlo, ai soliti mitici pochi
eletti. A stralci e a frammenti, ripeto, spesso conditi, spero, non malaccortamente,
mi devo divertire, da elementi della mia brillante, vivida, frizzante comicità
letterario-linguistico-poetica, anche come poeta sono comico.. Mi rallegra
molto ciò! Comicità, ironica, autocritica, sardonica, apollonica, apostolico
romana... Comunque, per quanto complessa, sofisticata, intelligente, anche
molto divertente... Chi non la trova tale, non rida!... Parlerò molto anche di
ufologia: i dottoroni super preparati e super montati, storceranno certamente
il naso, insieme al solito astronomo; ma non c'è da preoccuparsi: l'argomento
presentato, infatti, sarà sempre e solo a sfondo psicologico e filosofico,
come? Si saprà leggendo in seguito; tutto voglio fare, tranne che gridare come
molti fanno: - All'Ufo, all'Ufo!.. Mi preoccupo dei dottoroni, ingenuo tenero
me!.. Ma costoro leggeranno mai?... Così presi e impegnati nel loro quotidiano
compito sociale: sacrificarsi con il proprio lavoro a favore della comunità
intera. Loro così dicono, e io per carità...non mi permetterei mai di metterlo
in dubbio. Sbraita l'astronomo tivù: - Chi dice di aver visto un Ufo è un
allucinato! - Chi sa chi sarà mai questo astronomo in questione?... - Chi dice
di avere visto un Ufo è un allucinato! - L'ho detto due volte perché il su
indicato lo ripete in continuazione: - Chi dice di aver visto un Ufo è un
allucinato! - Brillante esempio di diagnosi psichiatrica tipo lampo, come le
cerniere! Ma questo individuo ha laurea specifica per poter presentare
pubblicamente, dopo averle costruite a norma di legge e di tecnica, simili
sbrigative diagnosi? Presumo di no! Il suo è un semplice puro e maldestro
attacco a chi non accetta la sua superiorità scientifica (basterebbe dire: -
Chi dice di avere visto un UFO sicuramente si è sbagliato!-). Si potrebbe
obiettare che quello dello scienziato è solo un modo di dire; ma attenzione,
non esistono modi di dire quando ci si trova sulla cattedra del professore
elargitore di somma sapienza, di fronte a milioni di persone che ascoltano, e
che non hanno quella conoscenza sufficiente per non subire pesantemente simili
affermazioni. D'altra parte, uno psichiatra per costruire una diagnosi,
perlomeno deve parlare con il soggetto sottoponendolo a colloquio; ma neanche
per lui sono ammesse e a distanza su persone sconosciute simili avventate conclusioni
oltretutto così categoriche. Tenendo presente inoltre che molti contestano
quelle chiacchierate di studio che sbrigativamente alcuni specialisti
psichiatri propongono alle persone, pretendendo dopo di essere riusciti a
penetrare in profondità nella psicologia della comportamentalità personale,
presupponendo per sé stessi una scienza esatta e infallibile. Non tenendo
minimamente conto della complessità della mente e delle sconosciute parti che
la compongono; soprattutto non tenendo conto della loro precisa incapacità,
parlo dei medici, di visualizzare sé stessi nella propria inconsapevole
emotività. Bisogna tener conto inoltre, come tutti sappiamo, dei tentativi
dell'esaminato di guidare il dottore verso la direzione da lui desiderata;
tenendo presente che oltretutto quest'ultimo, nella maggior parte dei casi,
mente innanzitutto a se stesso, poi allo specialista ed infine neanche a dirlo,
inconsapevolmente a chiunque altro in generale. Chi fa una visita psichiatrica
per ottenere il porto d'armi, giurerà e garantirà la sua tranquillità e
affidabilità. Chi invece farà visita analoga per ottenere ad esempio una
pensione, o un certificato qualsiasi di invalidità, non farà altro che
lamentare i propri disturbi. Dato che è solo l'ascolto a dare il quadro tecnico
della struttura mentale, come fa lo specialista a oltrepassare questo ascolto e
a leggere nell'individuo la sua effettiva struttura mentale!? Esistono tecniche
e procedure specifiche, che in parte ho addirittura, povero me, sperimentato
come paziente, riuscendo perfino a individuarle, e trovandole approssimative ed
insufficienti; fuori da un reale contesto scientifico, che prevede e presuppone
la ripetuta dimostrabilità (e oltre tutto, vivendole perfino come offensive,
dato che mettevano in dubbio la mia assoluta onestà e buona fede). Andiamo in
quella che è la valutazione specifica del tecnico, il quale deve capire al di
là delle parole... Ma il tecnico, riprendendo ed ampliando il già esposto
concetto, è una persona come tutte le altre, un piccolo uomo pieno di
contraddizioni, desideri, sogni, speranze, rabbie mal controllate; ed è
evidente che con la lente della sua imprecisa ottica alterata di individuo farà
le sue valutazioni. Alterata e deformata da tutte quelle che possono essere le
sue situazioni di vita personale: cosa succederà alla sua obiettività il giorno
che avrà litigato con la moglie; avrà appreso della tossicodipendenza del
figlio; avrà subito il furto della sua autovettura; o semplicemente sarà stato
derubato del portafoglio; avrà scoperto i tradimenti di un’ipotetica, possibile
amante; avrà avuto un forte aumento dell'affitto... O infine, si fa per dire,
resterà preso dal suo bisogno erotico innanzi ad una bella donna dai grossi
seni semiscoperti; o disgustato da un individuo sudicio e maleodorante, ecc.,
ecc.. Certamente ed è inutile negarlo, subirà un calo più o meno evidente della
su indicata obiettività, anche se, come mi diceva Ceccoli: - Loro si
sottopongono al training… - Bisogna poi tener conto della realtà personale di
ognuno di noi, in particolare e della tendenza generale di tutti riguardo
l'autocontrollo. Tanti di noi, non tantissimi, hanno la capacità di un preciso
imbrigliamento emozionale, per il quale mantengono la calma in tantissime
occasioni: ma tutti noi abbiamo però nella mente alterazioni aberranti: i
nostri mostri; come ben si sa sprofondati nelle sequenze ragionative (parti più
o meno alteranti) della nostra mente. Queste figure inconsapevoli che ci
terrorizzano, per quanto cerchiamo di tenerle sotto controllo, con tutte le
nostre forze, possono provocare terribili stati di tensione, prendendo alla
fine il controllo dell'individuo e spingendolo ad un vero e proprio eccesso di
aggressività tanto inutile quanto distruttivo. Perché questo fenomeno però si
verifichi, sono necessarie le "circostanze" che evidentemente nella
seduta di ascolto diagnostico-psicoattitudinale, ad esempio, non è possibile o
è estremamente improbabile che si verifichino. Tenendo bene in considerazione
inoltre che anche gli psichiatri, come tutti noi, hanno i loro mostri nella
mente, dal primo all'ultimo! Inconsapevoli, assopiti, tranquilli, ma presenti e
pronti ad aggredire, scatenati dalle circostanze. E questi, si badi bene, non
sono solo i vaneggiamenti ufologici e deliranti di Gramaglia, ma i risultati di
anni e anni di studi portati a compimento da molti altri ben conosciuti e noti
ricercatori che lo hanno preceduto. In poche parole non c'è nessuna garanzia
che una persona tranquilla con tanto di porto d'armi e di certificato
medico-psichiatrico, con un professionista alle spalle che garantisce per lui,
non spari a tutta la sua famiglia, e solo perché ha ascoltato un telegiornale,
rimanendone drammaticamente influenzato (non si dica che non è possibile, è
possibile!). Oppure che una persona ritenuta incapace di valutazioni oggettive
superi in conoscenza e obiettività i suoi dottori e alla fine cerchi di
insegnare loro. In poche parole, la mente umana è troppo complessa per una
valutazione veloce e approssimativa. Tutte queste considerazioni, tutte o
quasi, sono ben conosciute da quanti polemizzano sulla figura dell’operatore
asettico, imperturbabile, infallibile... quasi divino, oserei dire, nella sua
obiettività cristallina e incorruttibile. Gli unici che pare le rifiutino, sono
proprio quegli "operatori divini" di cui sopra. Che si faccia
qualcosa per rimediare: che ci si affidi al padreterno, per le diagnosi in
questione, lui conosce il futuro, o almeno lo può prevedere. Sennò che si
allunghino il più possibile i colloqui, che se ne facciano più di uno; che si
costruiscano dei "tests" realmente validi e affidabili, che diano
certezza e validità scientifiche (dato che pare che quelli attuali siano
parecchio criticati addirittura dagli stessi specialisti). Che si cresca in
consapevolezza, lo psichiatra può sbagliare, e aggiungo io, anche abbastanza
facilmente, indipendentemente dalla sua preparazione e capacità personale, se
non altro perché è un uomo come tutti gli altri, perciò più o meno disobiettivo
e fallibile... E la stessa sua scienza, costruita, ovviamente da uomini, in
questo più che in altri casi, è allo stesso modo più o meno disobiettiva e
fallibile. Andiamo adesso nel personale, il mio ovviamente: devo ammettere a
questo punto, che sento il bisogno inesplicabile e il dovere ineluttabile, di
fare una precisazione, costernato e mortificato, triste e pieno di vergogna...
Neanch'io ho laurea in materia di medicina della mente, anzi non ho nessun tipo
di laurea (perciò cercherò assolutamente di astenermi dal fare diagnosi a
qualcuno; ma, nel caso contrario, nessun problema: che altri scrivano,
criticandomi come io ho fatto con l'astronomo), ho solo conseguito il diploma
di "maturità". E ora? Avvilito, contrito e intontito; confesso,
perplesso e depresso, avendolo ammesso, soprattutto a me stesso... Come farò
adesso?... Continuo indefesso! Tanto è permesso. Come fanno tutti gli altri: in
fondo per parlare a vanvera, non c'è bisogno di laurea... Certamente, avendola,
ci si riesce molto meglio...ma senza, si può far bene lo stesso!... Se qualcuno
non è d’accordo, pazienza: quando smetteranno gli altri, lo farò anch'io! Devo
però ammettere effettivamente, che poi tanto ignorante non sono: a parte tutti
gli anni e anni (27), nei quali ho studiato me stesso molto approfonditamente,
e gli altri, anche se non così bene (e la televisione, non dimentichiamolo): ho
conseguito titolo di studio equipollente (che bella parola! Ancora ce la
"sgranocchiamo" tutti!), ad una laurea in storia e filosofia alla
facoltà aliena, si fa per dire, del popolo dei "Vegartron"...
Pazienza, se proprio nessuno, pare, mi voglia credere... Anche se sono
convinto, che in ogni caso, purtroppo, non avrebbe valore ufficiale... E poi
devo avere smarrito, per colmo di disgrazia, pure l'attestato... Un peccato!
Perché per terminare gli studi, mi ci sono voluti parecchi anni di
ossessionanti contatti, nelle mie dolorose crisi mnemoniche quasi giornaliere.
Ma come al solito, mi preoccupo per niente ed eccessivamente, e mi rammarico
allo stesso modo. Tanto, sono sicuro, che quando avrò finito il mio splendido
trattato di "Filofollesofia Generale", tutti i dottoroni riuniti,
all'unanimità, felici, festanti e festeggianti, saranno ben lieti di darmela
loro una bella laurea, honoris causa, ad honorem, talis pater talis filius,
rosae rosarum... Ho finito il latino... Si!... Una bella laurea in:
"PAZZOLOGIA"... semplice, accoppiata e comparata...
teorico-pratica... accademica e sperimentale... Che bello, il
"pazzologo" Dottor Gramaglia!... Certamente... E sennò, pazienza, mi
accontenterò del mio diploma, e del mio certificato di: "pazzo Doc".
Però, d'altra parte, non si sa mai, può essere che ritrovi la mia pergamena
aliena, che certifica il mio dottorato interstellare...
"Spaziodottor" Gramaglia (Stardoc)... con tanto di timbro
intergalattico (chissà se sto scherzando!?)...
Ritorniamo nel mio personale: io sono
stato definito "psicotico dissociato". Uno di quei termini
psichiatrici, approssimativi, ma che almeno rendono l'idea. Psicotico, da
psicosi; a suo tempo, leggevo: comportamento alterato di cui il soggetto non è
consapevole, o qualcosa del genere. Ma io sono consapevole?! Chi lo sa!
Consapevole sono comunque delle mie crisi di autodistruzione psicoanalitiche;
dei miei mal di testa da nervosismo, frequentissimi quando cerco di fare
qualcosa di più o meno impegnativo. Per dare un'idea: per amore dell'arte, per
piacere personale, e per impegnare un po' il tempo, dipingevo; però ho il
problema della vista debole; per non stancarmi troppo gli occhi, non potevo
farlo per più di un paio di ore e mezza alla volta, non più di tre volte a
settimana. Dopo due anni e mezzo, forse tre di questo hobby (che anzi è durato
anche parecchio, facendo una delle mie solite micidiali considerazioni), il
nervosismo ha preso il sopravvento, e la sensazione più pressante e presente,
quando dipingevo, era un desiderio ossessivo e rabbioso di gettare tutto
all'aria. E quando ad un certo punto mi sono reso conto che questo avrebbe
potuto effettivamente verificarsi, ho interrotto. Ultimamente, per gioco, ho
scritto una filastrocca umoristica; per quanto lo facessi proprio nei momenti
nei quali la cosa maggiormente mi rilassava, addirittura, dopo soli dieci
giorni, ho dovuto concluderla d'urgenza, perché dedicarmici aveva cominciato a
pesarmi, al punto da non poter più andare oltre. Non posso leggere, molto
relativamente per gli occhi, ma soprattutto per una forma di rifiuto alla
lettura che mi porto dietro fin dalla giovinezza (è iniziata prima dei
vent'anni), e che col passare del tempo, è solo relativamente diminuita. Questa
situazione, quando invece scrivo in prosa è relativamente meno pesante, non
sono del tutto bloccato: un'ora, meglio mezz'ora per volta, posso farla
tranquillamente, o almeno così sembrerebbe. Magari, "esagerando",
un'ora un paio di volte la settimana, emicrania a parte, dovrei riuscirci (in
questo tempo riesco a scrivere addirittura, si fa per dire, anche una decina di
fogli protocollo manoscritti a penna). Però, rileggere, correggere, ricopiare
in bell'ordine, queste pagine, per me sarebbe impossibile, e ne sono
consapevole.
Riprendo il discorso interrotto, delle
mie ossessioni suicide (e omicide?), della mia batteriofobia, delle mie paure
ufologiche, delle continue e stravaganti liti tra me e me stesso. Dissociato
poi, dalla realtà, evidentemente! Ma quale realtà? Se mi si domanda se sono
dissociato dai governi incompetenti, truffaldini, sfruttatori, dittatoriali e
simili; dai politici inetti, incapaci, esaltati e stupidi; dai megalomani, che
per sopperire alla consapevolezza inconsapevole della propria meschinità,
pretendono di usare, tormentandoli, gli altri, dopo averli schiacciati sotto il
peso della loro prepotenza... certo, che sono dissociato!.. Coscientemente e
consapevolmente. Dai guerrafondai, dagli speculatori, dai falsi filosofi, dai
venditori d'illusioni, dai poveri illusi, dai critici boriosi, dai cattivi
attori, dalle femministe e dalle signorine da marito; dai dietologi, dalle loro
diete dissociate, dai venditori di misticismo, dai divorzisti associati, dai
poetucoli da strapazzo, dai dottoroni, dagli astrologi e maghi vari, dagli
imbianchini esosi, dai presentatori tivù, dalla stessa tivù, dai pittori
commerciali, dai commercianti di pitture... Certo, che sono dissociato... Dalla
razza umana, sono dissociato... Da me stesso, che mi contesta sempre qualunque
cosa; dai maledetti alieni, patetici tecnocrati iper romantici, da qualunque
altra forma biologica dell'universo. Dal mio stesso libro… Dal MegaDio... Da
suo Padre, suo Nonno, suo Bisnonno... Da chi è stato creato il primo Dio?:
semplice… dal primo dio prima di lui... E se esiste qualche altra cosa,
ditemelo, che mi dissocio pure da questa! E chi folle, non lo sarebbe, dato che
la realtà è follia!? Io, mi definito dissociato, anche da me stesso, mi vanto
comunque di una lucidità tale, da permettermi di rendermi conto sia del
termine, del suo significato che del mio stesso comportamento. Con grande
consapevolezza capisco di essere fuori dalla realtà rifiutandola. Ma quale
realtà? I filosofi la mettono in dubbio, gli scienziati non riescono a dimostrarla...
Ma gli psichiatri sanno invece qual è!.. Già, qual è?... Perché non la
presentano, ma soprattutto non la dimostrano anche a noi, matti, scienziati e
filosofi?... Io
metto sempre in dubbio ogni cosa: me stesso, la scienza, la mia filosofia, gli
alieni e perfino il mio delirio, ammesso che sia tale. E qualcuno crede
fermamente invece ad una realtà che ancora non ha un’unica definizione
filosofica accettata da tutti, né tantomeno conferma scientifica. Chi è più
alienato?… Io che vedo perfettamente un essere indefinibile ed inaccettabile, o
tutti gli altri, che singolarmente, individuo per individuo, costruiscono per
se stessi una realtà soggettiva e artificiosa, unicamente allo scopo di calmare
la loro tragica paura del pericoloso e dell’inconosciuto, rifuggendo da quella
che inconsapevolmente ed effettivamente, percepiscono, e che sentono
indefinibile ed inaccettabile?… La solita vecchia storia: il matto che da del
matto a tutti gli altri! O forse sono proprio io il più alienato? Io, in rotta
continua con me stesso: “Io e Me”… E Me mi odia, perché Io non mi suicido. E
alla fine è proprio Me, il più dissociato, ma anche il più consapevole di
tutti.
Ve lo dico io, qual è
semplicisticamente il mio problema: il rifiuto della “società degli imbecilli”!
La società umana, dove quelli meno capaci a gestirla, hanno più talento nel
farsi valere come ipotetici gestori e viceversa. Paradossale situazione, per la
quale la parte meno capace ed evoluta, è sempre quella che governa. E il
rifiuto, allo stesso modo, della “socialità dei cannibali” (asocialità
collettiva): pronti a sbranarsi l’un l’altro, per danaro, potere o sesso. In
questa situazione di rabbia, tensione, rifiuto totale di tutto e tutti, come si
fa a scrivere libri? E la mia solitudine, che mi stizzisce ancora di più:
possibile non trovi una donna per me? Ma qualche cosa devo pur fare, pare che
tranquillo non riesca a rimanere; e poi, comunque, scriva o meno, soffro
ugualmente per la mia inacquietabile irrequietudine, e irrefrenabile
irrequietezza (Leopardi 2000…); quasi ossessiva frenesia di voler fare sempre
non so cosa, che poi non faccio mai, soffrendone continuamente.
Però, per il mio
libro, farò un tentativo… ma non da solo, da soli non si fa niente… neanche
morire!... Perciò, collaboratori: dottoressa Giuseppina Ceccoli, psicologa;
dottor Michele Baiano, sociologo. Il tutto presentato dall’amabile dottor
Perrino, psichiatra; che potrebbe, volendo, anche collaborare, con chiarimenti,
inerenti la sua medicina. Dottori dell’Asl Napoli n. 2 (Unità Operativa di
Salute Mentale con sede in Mugnano), che s’interesserebbe, magari, alla
pubblicazione presso una casa editrice.Dottoressa Giuseppina Ceccoli; in arte
medica, ovviamente: Ceccolina… Una donna sul metro. e sessanta, molto
disponibile, simpatica e piacevole. Ceccolina, la chiamo così solo quando non
c’è e le do sempre del lei: sono un paziente molto professionale. Secondo me, è
innamorata del sottoscritto, per lei sono: bello, intelligente, simpatico e
divertentissimo… Lei è sulla quarantina, più o meno, e a me piacciono le
ragazzine o almeno lei è convinta di questo; ma a quale quarantenne maschio non
piacciono?! Anzi, molti di loro se le porterebbero tutte a letto… Io mi
accontenterei invece anche solo di sposarmene una! Secondo me non ha né marito
né figli, il grande dolore della sua vita! Si è accontentata finora, credo,
solo di uomini che poi non ha potuto sposare (questo però non è vero, ho saputo
in seguito... clamoroso errore!); e dei suoi pazienti, la sua vera famiglia.
Pazienti tenuti amorevolmente sotto controllo (mamma chioccia e i suoi pulcini)
e, sotto numerazione, mi diceva di averne 45 o 54, non ricordo bene (per le
cose troppo semplici, la mia ottima memoria è a volte un po’ approssimativa,
come per tutte le grandi menti; riesco ad ovviare ricorrendo a qualche
foglietto promemoria). Sono convinto che la tenera Ceccolina, se potesse mi
“mangerebbe vivo”… Ma non può!...
Che nessuno provi però
a dire o a pensare che io sia veramente convinto di questo suo amore per me, e della
sua solitudine, perché in realtà io amo lei, in quanto mio dottore terapista
psicologo e rifletto sulla sua persona quello che in realtà è nella mia mente.
Io amo lei e sono convinto del contrario, o almeno così dovrebbe essere. In me
non si verifica l’effetto dipendenza, se non in maniera limitata: per me i
dottori, psicoterapisti o no, sono solo dottori e basta, persone che fanno
quello che possono per darmi una mano, nell’ambito della loro conoscenza
medica. Però, per quanto anomalo, come sempre, vivo la situazione del
“transfert”… o meglio sarebbe definirla della trasfigurazione (traslazione), e
con una forma relativa di bisogno. Ovviamente, neanche a dirlo, ho facilmente
individuato, visualizzato e analizzato il fenomeno: la dottoressa è la “donna
dell’astronave” (si saprà in seguito cosa significa), insieme con la quale
dovrò salvare l’Universo, forse!... Anche se poi in realtà con le connessioni
aliene, questa situazione non ha nulla a che fare, come sarà spiegato. Ma la
trasfigurazione, che viene presentata solitamente come la componente sempre
presente delle terapie della mente, è invece, grossolanamente parlando, una
situazione di tutti e di tutti i giorni: anche il dottore vede nella persona
che cerca di aiutare, volta per volta, persone diverse da quella che realmente
ha davanti (un paziente) e non se ne rende conto (controtrasfert), ed è così
per tutti e sempre (transfert generalizzato)! Sicuramente tutto questo è
scontato, ma neanche tanto, se nel già citato libro leggevo che il dottore, in questo
caso lo psicanalista, si estranea dal paziente e dal suo racconto, non
lasciandosene coinvolgere, e con obiettività, lo analizza. Io al tempo della
mia ricerca di psicoanalisi, ho fatto visita a vari dottori, che mi apparvero
anche abbastanza coinvolti (lo so, direte voi: - E’ stato certamente su di me
l’effetto del transfert…- Trasferimento, traslazione, trasfigurazione,
trasporto, trasformazione ecc.). Addirittura, uno di questi, quello che poi mi
prese in terapia analitica mono settimanale, una dottoressa che… s’innamorò di
me… - Tutte le dottoresse, s’innamorano di lui! - Qualcuno potrebbe pensare, e
allora?.. Sono matto o no?! E dico quello che mi pare!... Come disse una volta
Ceccolina in terapia: - Perché è psicotico, come dice lei, può dire quello che
vuole?…- Certo, sono queste le schematizzazioni stabilite dall’attuale società
dei piccoli umani… o no?!…
Una cosa che mi ha
colpito, è la mancanza di considerazione per quello che è, e può essere la
costruzione guidata della trasfigurazione terapeutica. Cioè non si tiene conto
del sesso, dell’età del terapista e del paziente, ma soprattutto non si tiene
conto del bisogno mentale di quest’ultimo. Se cioè al paziente Gramaglia, che
non ha mai avuto il padre, e che per forza di cose ha dovuto elevare se stesso
a tale figura (padre, padrone, dio) è sconsigliabile presentargli un signore in
età avanzata: un “padre”; il rifiuto sarà inevitabile. Una donna in età matura
non andrà bene: Gramaglia la vedrebbe come una madre e il bisogno di
quest’ultima da lui è stato superato da tempo. Fratelli, sorelle, amici?...
Cosa dovremmo dare a Gramaglia?... Ma Gramaglia cosa vuole?! Una donna
(moglie); anzi, meglio ancora: “donna dell’astronave”. Io, è ovvio, lo so per
me stesso; lo specialista lo dovrebbe capire grazie alle sue conoscenze
cliniche. Perché non si cerca invece di assegnare i pazienti ai dottori, di
assegnare i dottori ai pazienti, in base ovviamente alle esigenze di questi
ultimi? Secondo uno schema che tenga ben conto di una classificazione delle caratteristiche
apparenti dei dottori, e non per via casuale, o peggio ancora per via
burocratica come spesso avviene tuttora. Io credo che sarebbe una buona cosa. E
comunque a parer mio, è ingiusto, adeontologico e immorale il caso dei dottori
che tendono a scegliersi i pazienti, con pretenziosità e arroganza, guidati
solo dal personale interesse di studio (trasformandoli da pazienti a cavie
inconsapevoli); arrivando poi alla fine a volerli addirittura gestire in prima
persona.
Dottor Michele Baiano,
sociologo: un giovanotto simpatico, preparato e appassionato di computer (lui
dice di no). L’ho conosciuto per caso dato che mi avevano chiesto, per i miei
trascorsi di pittura, di collaborare alla compilazione della copertina di un
libro che l’ASL di Mugnano stava preparando (terapia partecipativa?) Sono
rimasto colpito nel conoscerlo: perché Baiano non rideva. Io sono molto garbato
come uomo, parecchio insicuro e anche per certi versi timido: e per avere la
certezza di essere accettato, a volte, spesso, dico spiritosaggini: se ridono
mi accettano (secondo me), e continuo, e se no... come minimo mi sento a
disagio. Baiano però non rideva... Ma mi assicurava di vedermi simpatico, di
trovare interessantissima la mia proposta di collaborare al libro; e di essere
soprattutto, una persona anche abbastanza scherzosa. Il tutto con
un’espressione facciale di assoluta freddezza e immobilità; pensai perfino che
mi prendesse in giro. Parlando con Ceccoli feci questa considerazione: - Forse
non ride per chissà quale trauma subito in passato! - Preoccupato, io
effettivamente ero preoccupato. La settimana dopo il mio colloquio con Ceccoli,
mi ritrovai con il sociologo, che come mi ebbe davanti, dato che si era reso
conto che io ero rimasto colpito da quel suo strano modo di fare, mi spiegò che
non rideva perché da bambino era caduto rompendosi gli incisivi superiori di
latte, e di conseguenza (ritiene lui) ricrescendogli quelli da adulto vennero
fuori storti: perciò per raddrizzarli dovette portare per anni una macchinetta
apposita. Evidentemente tanto devono averlo deriso e canzonato i compagni di
scuola (asocialità collettiva) da avergli tolto il vizio di ridere. Io l’ho già
messo in terapia, con me o ride, o dovrà ridere per forza... Se no, che
filosofo comico sono?... Perciò spesso ne invento di tutti i colori per
riuscirci, e mi sembra di aver ottenuto già i primi risultati, insieme ai suoi
deliziosi altrettanto primi timidi sorrisi.
Dottor Gennaro
Perrino, persona gentilissima, che mi ha meravigliato per la sua disponibilità
e per l'attenzione che ha dimostrato verso le mie considerazioni personali,
dandomi l’impressione di vedermi come una persona intelligente e sensibile con
molti problemi; ma soprattutto col diritto di esprimersi come individuo con
esigenze e bisogni di tutto rispetto... Al contrario di come altri dottori a
volte, facendomi rabbrividire per il disappunto, mi avevano visualizzato:
sofferente e inconsapevole... Invece io sono: molto sofferente ma allo stesso
tempo molto consapevole, forse troppo. Io sono consapevole, categoricamente; e
perfino su più livelli di realtà, indipendentemente dal fatto di ritenere detti
livelli più o meno credibili e reali... Tornando al Dottor Perrino una cosa mi
ha colpito tristemente, portandomi perfino alla malinconia, non preoccupatevi,
non è durato molto, non è depressione. Parlandomi di un logo, da avvicinare
alla scritta sulle carte ufficiali del “Dipartimento di Salute Mentale” mi
aveva presentato la sua idea inerente il mito di Sisifo, condannato a portare,
spingendolo, un macigno sulla cima di una montagna. Questo macigno però, poi
cadeva a valle e lui doveva riportarlo su all’infinito, e per tutta l’eternità.
Il senso di tutto questo è evidente, non c’è bisogno dello psicoanalista per
spiegarlo: il dott. Perrino vive la psichiatria in prima persona, come un
faticoso, quasi doloroso lavoro, che alla fine reali, concreti, soddisfacenti,
pieni risultati non ne dà. La pietra ricade e bisogna riportarla di nuovo su,
ma poi ricade ancora. E quello che resta alla fine è il tentativo costato
sacrificio... e che malgrado tutto non lascia maturare frutti sufficientemente
ricchi e gustosi; o a volte addirittura non permette neanche lo sbocciare dei
fiori precedenti. Ed io ho notato anche una forma di autocolpevolizzazione,
almeno così mi è sembrato e mi sembra tuttora, in questo dottore per non essere
riuscito, malgrado i suoi sforzi a raggiungere i risultati prefissatisi, ai
quali ancora tende con costanza e fermezza; purtroppo però vedendoli sempre più
lontani e irraggiungibili. Io il logo effettivamente non l’ho costruito, in
seguito avrò un’idea; ma ho pensato spesso alla situazione descritta nelle
ultime righe, e anche per questo ho deciso di intraprendere il lavoro, dopo
aver fatto la prova pratica personale di scrittura: non ho le soluzioni,
certamente, ma so molte cose: forse posso aiutarlo: in fondo scrivere è sempre
stata una mia precisa velleità. Scopo di questo tentativo è di raccontare la
mia esperienza di autoanalisi, sperando che una volta presentata la cosa al
“mondo scientifico” studiandola e ristudiandola possano venir fuori situazioni
grazie alle quali qualcosa si possa fare in più per aiutare chi ha problemi
mentali. Costruire nuove teorie, nuove terapie, perfezionare quelle
preesistenti, ideare nuovi schemi di calcolo ragionativo e analitico per i
quali fenomeni inspiegabili fino ad ora trovino un valido chiarimento. Oppure
semplicemente porre in discussione concetti già acclarati o dichiarati tali e
che presentano inesorabilmente punti di errore visibili, ma non ragionevolmente
analizzabili e affrontabili con i consueti canoni di ragionamento e
visualizzazione attuali. Fare qualcosa a favore degli altri, dato che pare che
non debba più salvare l’universo: mi accontenterò di aiutare la razza umana. La
mia storia psicologica sarà intrisa, variegata di tutte le mie considerazioni e
i miei ragionamenti, le mie obiezioni e le mie critiche; le mie conclusioni e
le mie schematizzazioni mistiche, meccaniche ed etico-sociologiche; penso e
spero che comunque potrebbero dare qualcosa a chi voglia leggere e approfondire
il mio pensiero in uno studio sistematico e coerente.
Fin quando ho pensato
di muovermi per denaro, non ho scritto neanche un rigo; avendo come scopo
l’aiutare gli altri ne ho già scritte 40... di pagine, però! Disprezzare il
denaro è da stupidi, ed essi lo fanno! Noi filosofi invece semplicemente non ci
preoccupiamo di procurarcelo, impegnati come siamo a pensare a ben altro, ma
nel caso, ben venga.L’importante per ora è iniziare l’opera, ed è ovvio che
spero nell’aiuto delle persone suindicate e di altri ancora: tenendo presente
che senza di loro niente posso fare... Dai dottori conosciuti all’ASL è partita
l’idea di questo libro (ma è stata Ceccoli che mi ha convinto: “Ceccolina la
rivoluzionaria”; perciò se piacerà e sarà ben considerato, è ovvio il libro e
il merito saranno miei... al contrario, se non piacerà o sarà contestato, io
non so niente... prendetevela con lei) per quanto l’idea fosse presente in me
da sempre. Pertanto, proporre la cosa lasciandomi poi da solo a spingere il mio
macigno su per la montagna significherebbe lasciarlo lì dov’è senza fargli
compiere in avanti neanche un metro, perché da solo io, di neanche un metro
potrei spingerlo, o forse solo di questa misura!
In conclusione, voglio
provare a dare una risposta alla mia stessa domanda, posta all’inizio sulla maggiore o minore
consapevolezza del paziente malato di mente: chi ha detto che questi, per
quanto in serie o gravi condizioni, non possa essere lucido e cosciente? E
aggiungendo: chi ha stabilito e non dimostrato, che l’incredibile numero di
fenomeni di anomalia comportamentale conosciuti nella psicopatia ragionativa
non siano, per l’appunto sintomi, come io dico, ma invece malattie? Chi ha
coniato, costruito e divulgato la famosa e fatidica, quanto aberrante e
raccapricciante espressione: “Incapace d’intendere e di volere”?… Chi con una
semplice diagnosi, segregava le persone nei manicomi, da lui stesso gestiti e
concepiti, eseguendo all’interno di essi, molto spesso, i suoi studi ed
esperimenti, definiti scientifici, perfettamente legali. Autorizzati da tutti…
Ma lo erano, sempre e comunque, autorizzati anche dalle sue sventurate cavie
umane??? Ma chi era costui? Già, chi?.. Ma lui, ovviamente: l’ineffabile, il
mitico e clamoroso… Il mastodontico… Dottorone della Psichiatria… Che secoli
fa, per secoli, e fino a meno di un secolo fa, enunciava le sue balzane teorie,
presentandole come perfette e inconfutabili; e lo faceva, senza avere mai
sentito parlare ovviamente di: acido desossiribonucleico, di biochimica neuro-
cerebrale; di connessioni interneurali, sinapsiche, enzimatiche,
elettromagnetiche, filamentose e subatomiche, fino al quarto sottolivello della
biofisica (un po’ di fantascienza a questo punto non guasta). E né tantomeno di
inconscio, super io, sequenze ragionative (parti mentali che dir si voglia). E
né assolutamente, è ovvio di psiconeurogenetica (sconosciuta tuttora), la
scienza che studia la fenomenologia dello sviluppo ereditario (tramite
ovviamente il gene) delle sequenze ragionative (non è fantascienza, questa, si
potrebbe davvero iniziare). E che nel buio più assoluto, con saccenteria,
disquisiva di qualche cosa a lui totalmente misconosciuta: la mente umana!.. E’
arrivato il momento di cambiare, rivoluzionare la Medicina (generale) della
mente; ampliandola e modernizzandola alla luce delle nuove conoscenze
scientifiche. Diminuire il più possibile l'approfondimento delle teorie
psichiatriche; limitare allo stesso modo lo studio della infinita terminologia
sintomatologica, soltanto al minimo indispensabile a permettere un corretto uso
della farmacologia comunque pur valida in molti casi: se correttamente usata
(il meno possibile) e ben dosata, e per dare un minimo di definizione
diagnostica ai singoli casi. Incrementare in sostituzione al massimo, con
materie come: neurologia e psicologia. Sostituire il training dello psichiatra
(differenze sostanziali tra il comportamento di quest’ultimo e quello del
medico di famiglia, osservati come paziente, non ne ho mai trovati: dicono più
o meno tutti e due la stessa cosa: - Prendi la medicina e vedrai che starai
meglio…-) con quello dello psicoanalista, per consentire un approccio in prima
persona con la psicoanalisi: l’unica scienza, a parer mio, che è riuscita
realmente a interpretare e tradurre il complesso codice linguistico-ragionativo
dell’inconscio umano. Se poi fosse possibile sottrarre uno o due anni allo
studio della medicina generale (riducendo semplicemente l’approfondimento dei
sistemi non neurologici), o aggiungendone almeno uno o due (due, a parer mio,
sarebbe meglio: il quadro è vasto e articolato, molto più di quanto non si
creda), si potrebbero inserire materie indispensabili, come: sociologia,
antropologia, storia generale e comparata delle civiltà e delle filosofie
(antropologia culturale) e uno studio sistematico dell’evoluzione del cervello
biologico, dal primo cefaloide fossile, all’ultimo umano (neurobiologia
evolutiva e comparata… cerebrologia?). Si otterrebbe così, comunque un medico,
quasi un neurologo, capace di portare a compimento terapie di comportamento,
terapie di analisi, e di gestire la farmacologia: ma soprattutto una persona di
grande umanità e conoscenza. D’altra parte, non si può capire e ben definire la
malattia della mente (del comportamento), se non si approfondisce la psicologia
del singolo, con eguale approfondimento della psicologia del collettivo
(“psicosociologia”). Baiano, il mio sociologo di fiducia, mi esprimeva il suo
totale assenso, nei confronti di questo concetto. Inoltre, per visualizzare e
inquadrare a pieno la complessa dinamica dello sviluppo a tutti i livelli delle
sequenze ragionative (il puro astratto pensiero, trasformato in materia
neurologica permanente): non si possono non studiare materie quali: biologia,
chimica, biochimica, anatomia (per capire meglio l’evoluzione psicofisica
umana); comparate con antropologia, antropologia culturale, cerebrologia, ecc.
Inoltre bisognerebbe anche affrontare un serio studio di quella che si potrebbe
definire una forma di ereditarietà culturale dei comportamenti devianti.
Se i dottori, realmente vorranno operare in tal senso
(invece di prendermi per matto), potranno essere necessari magari decenni, per
ben dosare e sapientemente amalgamare tutte le materie. Alla fine, però, dalla
vecchia, farraginosa, accademica psichiatria, nascerà una nuova magnifica
scienza delle scienze, che produrrà un tecnico veramente superiore, capace di
assolvere all’arduo e difficoltosissimo compito di capire e curare la mente
umana. Che è alla fine, la cosa più complessa e strutturata che conosciamo.
La psichiatria ha dimostrato di volere, sapere e potere
cambiare. Io stesso, al Servizio di salute mentale di Mugnano, ho visto cose
incredibili, che solo quarant’anni fa avrebbero drammaticamente fatto
accapponare la pelle a tutti i sacrosanti luminari della psichiatria di allora:
pazienti trattati, nemmeno come esseri umani, ma addirittura come persone; ma
che dico, amici di famiglia, che se ne vanno tranquillamente gironzolando,
alcuni bislacchi e sorridenti, altri cupi e pensierosi, per le stanze e i
corridoi dell'Asl, disturbando e importunando perfino i dottori nel loro
lavoro. Effettivamente contenuti, ma con tanta pazienza e amichevole garbo,
spero sia dappertutto così. Senza parlare poi, dei locali della casafamiglia,
al piano di sopra dell’Asl: più che decorosi e ben tenuti. Immagini queste
lontane, non decine, ma centinaia di anni, da quelle rabbrividenti e
allucinanti dei vecchi manicomi, che ancora, fino a poco tempo fa, si potevano
vedere in televisione. La psichiatria, ripeto, ha dimostrato di volere, sapere
e potere cambiare, come ha fatto in questi ultimi anni: grazie anche a uomini
che hanno lavorato, lottato, la vita intera a questo scopo; migliorandosi così
notevolmente e può farlo ancora, nell’interesse di tutti.
Il mio discorso sulla
medicina della mente, per il momento, s’interrompe, proponendomi di riprenderlo
ampliato al più presto; ammesso che la più che seria personale problematica
mentale e l’estrema debolezza dei miei occhi, me lo consentano.
Bene, dopo tutti
questi bei paroloni, spero non inutili, si conclude la puntata di presentazione
(n. 0), della telenovela comico-scientifica, prima del suo genere: “Quando si
ama, la psichiatria”. Ma prima dei titoli di coda (che ovviamente non ci sono):
concedetemi uno “stacchetto” pubblicitario... La solita ossessiva televisione,
madre culturale di noi tutti!.. Datemi tempo e spazio, perché sono convinto che
molto potrò fare, che molto riuscirò ad organizzare con questo mio lavoro... Ce
la farò. Sicuro! Perchè ho tutte le qualità eccezionali e i requisiti superiori
più importanti: ho un’intelligenza non comune, una memoria prodigiosa, una
capacità ragionativa elevatissima, una fantasia che va ben oltre le
consuetudini umane, un’autoironia senza limiti, un’obiettività spietata, un
senso di autocritica feroce. Ho fatto l’autoanalisi della psiche; ho avuto il
contatto alieno; ho visto Dio... So tutto di tutto e anche molto di più... Sono
matto megalomane e delirante... Ma cosa potete volere di più da un povero
genio, che ha deciso di mettersi a disposizione per il bene dell’umanità?!
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