FILOFOLLESOFIA 4
“IL GRANDE CIALTRO”
(IL CIALTRONE)
E IL SEQUESTRO DEGLI INNOCENTI
CHE GIÀ DISPONIBILE, IN PARTE, È STATO INVIATO
AD ALCUNE BIBLIOTECHE ITALIANE.
ECCO
QUESTA È
Il volume quattro chiude la tristissima storia di una terapia delirante
che solo danni ha portato, almeno al sottoscritto; ribadendo il fatto
riguardante le parole del solito sociologo Boh, l’innominabile : “Io sono
convinto che le cose che può dire uno psichiatra o uno psicologo ad una persona
per aiutarla, e te lo dico, Giovanni, dopo anni ed anni di esperienza: sono più
o meno quelle che può dire alla stessa persona, nella stessa situazione: una
vicina di casa, una zia, il portiere del proprio palazzo, il padre, la madre,
un amico e simili; non c’è nessuna differenza!” Questo è stato l’insegnamento
del meschino dottor Giuda Boh, parole e soprattutto concetti che condivido
pienamente: sociologo, che in vita sua, ha proferito solo questo di veramente
significativo. E, a questo punto, se le parole che un operatore di salute
mentale può dire ad un paziente, come ha detto il sociologo e come io sono
convinto che sia, sono le stesse che nella medesima situazione può dire una
vicina di casa, una zia, il portiere del proprio palazzo, il padre, la madre,
un amico e simili, aggiungo io adesso, ovviamente, anche qualunque ciarlatano
che non si rispetti può dire… non c’è nessuna differenza!!! Qual è la
conclusione, quindi: ciarlatani, tutti ciarlatani, operatori di salute mentale,
laureati e non, esattamente co-me i loro colleghi maghi, imbonitori, guaritori,
contafrottole e parla a vanvera di qualsivoglia forma e genere! Come già detto
e ripetuto nel volume precedente, e come ripeto e ribadisco in questo volume
quattro: ciarlatani, ciarlatani, CIARLATANI!!! Cosa succede, comunque, in
maniera più specifica in questo quarto volume? Semplice, c’è il racconto della
conclusione della terapia scrittifero socializzante iniziata dalla solita
povera e sempre più confusa dottoressa Lacek e continuata poi dal pluri
nominato, anche se immeritatamente, specifico, sociologo da poco e niente;
conclusione, però, portata a termine, per così dire, non più da lei in persona
o dal suo accolito, ma prodotta dall’arroganza e maleducazione del Cialtro, che
come Alessandro il macedone, per le sue caratteristiche e il suo operato
(ritenuti positivi) acquistò l’appellativo di grande, anche lui, il Cialtro,
per le sue caratteristiche e comportamento (ritenuti ovviamente negativi) ha
meritato lo stesso appellativo; per cui: Cialtro il grande, il grande Cialtro…
il Cialtrone!... e ho detto tutto!
Dedicato con
semplicità e commozione
a tutte le vittime
innocenti della psichiatria,
che nei secoli ha mietuto
in quantità indefinibile
nel folle,
delirante tentativo di portare loro un qualsivoglia beneficio.
Ai sequestrati e
segregati nei manicomi,
morti sotto i
“ferri” criminali di pseudo medici assassini;
scienziati che
considerando i loro pazienti al pari di semi bestie,
o semi umani, li
studiavano con vivido interesse,
li stimolavano con
stupida curiosità,
e li… curavano, si
fa per dire,
come si potrebbe
curare un animale da laboratorio;
non certo allo
scopo di guarirli,
ma con il feroce,
egoistico intento di sperimentare nuove cure,
terapie, valide ed
innovative,
unicamente
nell’interesse personale e
della rinomanza
meschina della loro criminale carriera.
E dedicato di
conseguenza anche a me, il sottoscritto:
lo scrittore, evidentemente
“idiota sapiente”, che secondo
la psichiatria
classica non capisce neppure quello
che fa quando
scrive, in quanto idiota.
Dedicato anche a
me, che non volevo neppure iniziare
questo lavoro,
ritenendolo inutile e faticoso,
e che plagiato
intimamente da un’incosciente esaltata,
una dottoressa di
nessun criterio, a sua volta manipolata
e plagiata dai suoi
“addestratori”, scrivo faticosamente,
dispendiosamente,
ma soprattutto inutilmente da più di vent’anni.
INDICE
Paragrafo 1°…………………………………………………………… Paragrafo 2°……………………………………………………………. Il Grande Cialtro……………………………………………………... Paragrafo 1°……………………………………………………………… Paragrafo 2°…………………………………………………………… Paragrafo 3°…………………………………………………………… Paragrafo 4°…………………………………………………………… Paragrafo 5°…………………………………………………………… Paragrafo 6°..…………………………………………………………. Appendice……………………………………………………………... Il Famigerato Documento……………………………………….. |
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21 pag
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36 pag
63 pag
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87 pag
127 pag
147 pag
177 pag
215 pag
223 pag
268 |
PRESENTAZIONE DELL’AUTORE
Con questo
volume 4 della filofollesofia, che spero di stampare nel prossimo anno 2019,
oggi è il 2 giugno 2018, si conclude alme-no temporaneamente, la mia triste
anzi che no, cavalcata pseudo culturale della filofollesofia. In realtà questo
quarto volume non a-vrebbe dovuto essere tale, infatti io in principio… no! non
ho creato il cielo e
Io dal mio canto
mi sarei accontentato volentieri di riuscire sem-plicemente nel preposto
impegno: scrivere un libro di 500 pagine o più! In realtà ci sono riuscito,
solo che però, causa il fatto della debo-lezza dei miei occhi, che purtroppo si
stancano subito (anche perché leggo e lavoro con un occhio solo, essendo
l’altro, ambliope), mi so-no reso conto che gestire tante pagine insieme mi
sarebbe stato dif-ficoltosissimo, così, dopo averlo
scritto in bozza, tutto intero, l’ho di-viso in due: volume tre e quattro; ma
idealmente però il compito l’ho svolto, e questo mi rende molto fiero di me
stesso.
Da premettere
che in questi venti anni di lavoro, per produrre i li-bri in questione, lavoro
del tutto inutile e deleterio, soprattutto per me stesso, tenendo presente che
parliamo di una terapia, cioè, la famo-sa “environmental
therapy”, della sconosciutissima dottoressa La-cek, famosa solo nella
filofollesofia, quindi del tutto ignota al grande e… piccolo pubblico, benefici
né piccoli, né grandi non ne ho avuto, mentre potrei parlare di notevoli e sgradevolissimi effetti collaterali. Mi piacerebbe elencare
tutti i danni e problemi subiti, che però sono già stati inseriti, con dovizia
di particolari, nei 3 libri che ho scritto a riguardo e che continuo ad esporre
in questo presente volume 4. Qualcosa comunque, brevemente, mi pare giusto
riportare: aumento notevole dell’emarginazione, verificatasi perfino
nell’ambito terapico delle strutture del DSM che frequentavo all’epoca;
problemi agli oc-chi, riduzione della capacità di sopportare la luce, sia del
Sole che artificiale, uso forzato dei lenti protettive e da Sole, il tutto
accompa-gnato da anni e anni di fastidiosi e continui, a volte forti, dolori
agli occhi. Al momento, pare che stia meglio, dopo vent’anni, però di inu-tili
sofferenze, avendo ridotto al minimo il tempo giornaliero del mio “lavoro”.
Danno economico: soldi, parecchi anche, ovviamente spesi inutilmente, e non
certo guadagnati, per libri che nessuno vuol comprare, e che io, volendoli
comunque stampare, per la disperazio-ne, non ritenendo ammissibile smettere di
produrli, sto spedendo al-le strutture di salute mentale, sperando che se anche
non li degne-ranno di nessuna attenzione, magari non li gettino via ritenendoli
as-solutamente inutili. Costrizione giornaliera ad eseguire un compito che se
pure considero relativamente gradito, sono costretto a ritene-re allo stesso
modo: assolutamente forzato, in quanto non sono in grado di evitarlo; e
demenziale, a causa del fatto che non presenta nessun riscontro, nemmeno minimo
nella società circostanziale che i miei libri dovrebbe comprare, leggere ed
apprezzare! Se a questo aggiungiamo tutte le conseguenti, diciamo “fissazioni”
ossessive che hanno caratterizzato il mio lavoro in tutto questo tempo, devo
consi-derare la cosa, di aver scritto cioè questi libri, in 14 anni effettivi,
nel periodo che va dal 1998 all’attuale 2018, una delle più grandi scia-gure
della mia già sciagurata esistenza, e tutto grazie all’idiozia tota-le di
quanti all’epoca mi hanno invogliato, indirizzato, spinto, ma so-prattutto
manipolato affinché scrivessi. Ma si sa, la terapia ambien-tale, come ho sempre
detto, questo è: quella cosa, con la quale lo operatore porta i soldi a casa, e
il paziente peggiora!!!
Tutto questo
lavorare, pensare allo scrivere i libri, che di per sé stesso, non richiedeva
apparentemente molto tempo al giorno: una ora di computer la sera, e mezz’ora
di lavoro sui fogli di carta il po-meriggio, in realtà prendeva molto più che
questo poco tempo, cioè la mia attenzione; per anni, infatti, io mi sono
preoccupato di recarmi ai centri del DSM per “studiare” metodi, operatori ed
utenti, nel mio delirante progetto di costruire la mia critica; dedicandomi a
questo compito, sprecando il mio tempo e la mia attenzione, che meglio sa-rebbero
stati impiegati a cercare di risolvere i miei problemi esisten-ziali,
psicologici e sociali.
Io scrivevo,
sì, ma a quale scopo, meglio sarebbe stato se avessi cercato di appianare i
miei contrasti con i vicini rumorosi, cercato di migliorare il mio sonno, così
disturbato dalla mia malattia, se avessi provato a costruire una serie di
rapporti sociali a livello di amicizia e se infine, mi fossi dedicato in
maniera, diciamo così, ragionevole al compito di cercare una compagna di vita,
che non ho mai avuto.
Vent’anni,
sprecati a scrivere stupidaggini, mentre la mia vita si consumava nella
solitudine e nella più profonda emarginazione e di-sperazione, acuita ancora di
più dal mio deleterio compito di scrivere senza valida motivazione. È vero che
negli anni nei quali non ho scritto nulla, ben 6, dei venti anni considerati,
successivi ai primi die-ci nei quali ho frequentato le strutture del DSM, a
tutto ho pensato tranne che a risolvere i problemi di cui sopra, ma è vero
anche che nessuno mi ci ha invogliato, indirizzato, e che comunque, nessuno mi
avrebbe aiutato a farlo; mentre invece negli anni che ho frequen-tato le Asl, i
primi dieci, quegli inutili e costosi esseri addottorati, che avrebbero potuto
aiutarmi, se ne avessero avuto la capacità e la vo-glia, ma sono stati solo in
grado di crearmi problemi, e non certo di risolvermeli. Arrivando, essi, nella
persona della pluri deleteria La-cek, perfino alla stupidità, come è già stato
esposto e, abbondante-mente nel volume precedente, di prescrivermi, come evidente
dispo-sitivo terapico, il compito ridicolo di “trovarmi una donna”; come se io
ne fossi stato in grado, o avessi potuto riuscirci, e solo perché lei me lo
suggeriva. Avrebbe dovuto, la sprovveduta, innanzi tutto informar-si bene sulle
mie situazioni sentimentali, e poi, nel caso, suggerirmi lei il modo, indicarmi
la procedura, per compiere questo pseudo mi-racolo civico di trovarmi la
compagna, dato che io, fino alla bella età di 44 anni, età che avevo all’epoca
della prescrizione… sentimenta-le, proprio non c’ero riuscito; e invece, la
suddetta sprovveduta, cosa ha fatto alla fine? mi ha messo a scrivere, così,
infatti io ho trovato la donna, tanti amici, un lavoro, la ricollocazione
nel mondo dei savi e tutto il resto riguardante la mia sanità personale,
sociale e mentale… ma figuriamoci, che sciocchezza! Come ho detto, tutto è
peggiorato e diventato ancora più invivibile, e mi
riferisco alla mia esistenza, ovviamente, e alla qualità della mia vita,
diminuita notevolmente a causa della terapia dannosissima e delirante della
solita dottoressa ambientalista.
Oltre tutto,
mi sono trovato nelle stesse strutture del DSM a com-battere la stupidità di
elementi provocatori e deliranti che vivevano il loro lavoro di medici
completamente degenerato nella mania di gran-dezza, e nel delirio di
onnipotenza, nel quale invece di essere per-sone che si preoccupavano di
curarne altre, si producevano in atteg-giamenti pretenziosi di superiorità e
arroganza che se a loro davano soddisfazione, erano causa di pesante sofferenza
in quelli che a-vrebbero dovuto avere il beneficio delle cure di cui sopra. E
mi riferi-sco al dottoron Cialtro, cialtrone 100%, e alle sue aberranti pretese
di “gestire” i suoi pazienti come dei gruppi di cavie, per le quali ognu-na
svolgeva il suo compito e alla fine tutto si incastrava
in un per-fetto mosaico di risultati… scadenti e deleteri; basta infatti
leggere il presente volume 4 per rendersi conto di quanto ridicoli e
fallimentari siano stati i suoi tentativi di prodursi come grande burattinaio,
riu-scendo solo a presentarsi, appunto, come il grande Cialtro.
Degno compare, il Cialtro, dei suoi compari già nominati, insieme ad altri, non nominati e che ho rappresentato in maniera
molto meno evidente, ma che comunque contribuiscono a dare il quadro del grande
fallimento di quelle che dovrebbero essere tecniche terapi-che e che invece
sono soltanto espedienti fallimentari che inoltre, nelle mani di individui
incapaci e pretenziosi si rivelano ancora più dannose; arrivando alla fine a
giustificare le enormi spese del Dipar-timento di Salute Mentale con l’unico
risultato di mantenere a caro prezzo incapaci e inutili personaggi dannosi e
pretenziosi, ottusi e boriosi. Certo, qualcuno forse salva se stesso, ed
infatti io assolverei alcuni operatori, tra quelli conosciuti, pochi, che
comunque non mi-gliorano il mio personale giudizio negativo su quello che ho
potuto tristemente osservare.
A questo punto, dopo le tante mie polemiche nei quattro libri della
filofollesofia, mi sembra il momento di fare un chiarimento sul mio punto di
vista, dato che fin ora ho forse creato nel lettore un po’ di confusione,
avendo detto che le terapie ambientali, nel loto toto, so-no stupidaggine tali
da poter essere definite addirittura una forma di ciarlataneria, però d’altro
canto ho pure dato qualche credibilità a queste tecniche, dicendo che i grandi,
riuscivano ad ottenere co-munque dei risultati soddisfacenti con esse. Oltre tutto, pochissimi righi sopra ho asserito allo stesso
modo che alcuni operatori, laurea-ti, ovviamente, io li salverei, evidentemente
perché qualcosa di buo-no alla mia osservazione, pure sono riusciti a
presentare; e come mai si spiega tutto questo se non con un’apparente, ovvia,
mia con-traddizione? Semplice, adesso provo con un esempio pratico a mo-strare
che nessuna contraddizione, sebbene pare essere nei miei scritti, è nel mio
pensiero. Immaginiamo degli amici riunitisi per un poker, ad un tratto va via
la luce, subito dopo, avendo messo in fun-zione una lampada di
emergenza uno di loro si dichiara elettricista e si propone di riparare
il guasto, che pare essere presente dietro un piccolo pannello di interruttori;
subito dopo il padrone di casa porta al tecnico la sua, ovviamente, scadente e
mal fornita cassetta degli attrezzi, allora, l’elettricista decide di smontare
il pannello svitando le quattro viti che lo sostengo, però il cacciavite a
piattina della giusta misura, che dovrebbe essere utilizzato allo scopo,
purtroppo è dan-neggiato, metà della sua punta è spezzata; l’elettricista, evidente-mente
scadente, approssimativo, poco preparato, per niente capace e fantasioso (allo
stesso livello quindi di una Lacek, Cialtro ecc.) non essendo in grado di far
altro, prende il suddetto cacciavite e lo uti-lizza come se non fosse
danneggiato, rovinando la delicata fessuretta delle
viti, che non solo non si svitano, ma diventano tali che solo con strumenti
speciali, facenti parte della più completa attrez-zatura di un tecnico
specializzato si potranno svitare. … …
continua
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