GIOVANNI GRAMAGLIA

 

 

 

 

 

UN AMORE OLTRE LO SPAZIO/TEMPO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ROMANZO

 

 

 

STAMPATO GRAFIÒ

 


 

 

 

 

La storia narrata in questo libro, per Quanto presenti spunti critici, scientifici e Sociali a livello filosofico, vuole essere Solo una gradevole, accorata “favola” di Fantascienza. 

 

 

 

 

 

 

INDICE

 

 

Capitolo Primo   

Un giorno importante

 

Capitolo Secondo

Napoli violenta

 

Capitolo Terzo              

La battaglia delle due tigri

 

Capitolo Quarto

Un professore a Poggioreale

 

Capitolo Quinto

Ritorno a Manhattan

pag        9

 

 

  »        57

 

 

  »      110

 

 

  »      159

 

 

  »      210

 

 

 

 

 


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Stampato: dicembre 2016

TIPOLITOGRAFIA GRAFIÒ

Via Napoli 157 - 80018 Mugnano di Napoli (Na)


 

 

 

CAPITOLO PRIMO

 

UN GIORNO IMPORTANTE

 

 

Napoli, ridente, piccola metropoli che si affaccia tranquilla sul verde mare Mediterraneo: è definita la città del Sole… Non sempre però la cosa risponde al vero, infatti, oggi, lunedì, 21 settembre, an-no 2020 piove! Sono le 7 del mattino e le rade gocce cadono sui ve-tri della bella, ampia abitazione al viale Augusto: larga strada con bei giardini con molte grandi palme, che dalla Mostra d’Oltremare, porta alla grotta che dà poi l’accesso a Marechiaro, nel quartiere di Fuori-grotta. Quartiere nel quale varie strutture sono state costruite negli anni, e sono ancora a disposizione dei cittadini, sebbene, forse, un poco logorate dal tempo; quali: la Mostra d’Oltremare, appunto, lo stadio San Paolo tra i più conosciuti d’Italia, dove gioca il Napoli, Edenlandia, lo Zoo, la piscina olimpionica e ultima, non certo come importanza l’università. Dicevo, però, della bella, ampia abitazione, dove un giovanotto ancora addormentato ben presto dovrà prepa-rarsi per la nuova ed importante giornata che l’attende. Suona la sveglia, Giona, questo è il suo nome, si desta, con calma, si stro-piccia gli occhi ancora insonnoliti, poi preme velocemente il pulsante della sveglia, per interrompere lo stridente suono dell’orologio, un po’ preoccupato per la ragione, che, a volte, in precedenza ha di-sturbato i vicini. Poi, in fretta, si alza, perfino eccitato, pensando a quello che lo attende: il primo giorno di presenza alla facoltà, che finalmente ha deciso di frequentare; poi si rassetta in fretta: doccia, la barba rasata alla perfezione, i capelli, solitamente tenuti corti, pet-tinati con cura, mette gli abiti nuovi, quelli comprati apposta. Il nostro giovane amico cerca sempre di essere in ordine, qualunque sia la situazione che lo aspetta, per cui, il primo giorno d’università, situa-zione d’eccezionale importanza, per lui, lo ha visto fare accurate e lunghe scelte vestiarie, ma ormai tutto è pronto. Finalmente esce di casa, con una bella giacca blu, su una camicia bianca, jeans e mo-cassini neri; si infila in macchina, una berlina quattro porte, bicolore del 2010 e raggiunge la via dove si trova la facoltà. Il nostro Gion, poi, parcheggiata l’auto, s’incammina con il suo ombrello di un colo-re nero lucido, aperto per l’occorrenza, velocemente, data la pioggia che ancora cade, per arrivare alla struttura universitaria il più in fret-ta possibile. Infatti, oggi, come detto, è il suo primo giorno di lezione, ed è davvero impaziente di raggiungere l’istituto per conoscere i suoi docenti di matematica e fisica e i suoi nuovi colleghi.

Gion, cammina veloce lungo il viale poco affollato, presto arriva nei pressi della moderna palazzina dove risiede l’università. Giona, alto, nella media, 1,76 centimetri circa, con capelli neri e occhi ca-stani, corporatura normale, trentenne; giovanotto affascinato dal ben vestire e dalla cura del proprio corpo, veste solo abiti firmati, magari non troppo costosi, ma sempre firmati. Con il suo ombrellino pieghe-vole, il nostro giunge finalmente, un poco inumidito dalla pioggia, che comunque cade poco copiosa, nei pressi dell’istituto, non cono-sce nessuno e nessuno conosce lui; per cui, chiude il suo ombrel-lino, e infine entra nella palazzina, senza salutare quanti stazionano al suo ingresso. Richiude il suo piccolo ombrello, e lo deposita nel-l’apposito cestino all’entrata, immergendolo, tra gli altri ombrelli, qua-si tutti non pieghevoli. Si inoltra nel palazzo, sale le scale, e, dopo a-ver chiesto informazioni ad un usciere, entra in una grossa aula, do-ve già alcune giovani persone sono presenti: altri studenti che atten-dono il docente.

Gion, rivolto ai colleghi: – Salve, ragazzi: io sono  Gion Arezza, e sono nuovo del corso e anche dell’università; spero che faremo amicizia.

Uno dei ragazzi, poco più che ventenne, alto, molto magro, ben vestito, ricambia il saluto, e gli risponde: – Ciao, come va? Io sono Ben Martino, e anch’io come tutti qui, sono nuovo, però ti dico che anch’io sarei lieto di fare amicizia con te: sei molto carino, sai?

Gion, sorridendo, gli risponde: – Capisco, anche tu sei molto cari-no; però, vedi, anche la mia ragazza mi trova molto carino, ed è mol-to gelosa, sai, sarà meglio parlare, tra di noi, solo di matematica,

Ben Martino sorride pacatamente e aggiunge, un poco irritato:

– Questi etero, cosa ci trovano nelle donne, poi?

Nunzia Riccio, un’altra studentessa, alta circa un metro e ottanta, di 25 anni, molto bella, autentica castana, bionda non naturale; con un bel “davanzale”, ben fatto, abbondante, ma non eccessivo; vesti-ta semplicemente, con una maglietta poco aderente, bianca ed una gonna lunga fino al ginocchio, di un colore blu non troppo scuro, scarpe nere mezzo tacco; presente nella sala, piena di banchi, come tutte le aule delle università, inserendosi nel discorso, ribatte un po-co contrariata: – Ci trovano quello che voi ci trovate negli uomini… Tesoro!

Ben: – Sarà come dici, ma io non credo: voi donne gli uomini, secondo me, non riuscite neppure a capirli.

Nunzia: – Già, perché invece voi checche…

Ben la interrompe alzando un poco la voce, sarcastico: – Cos’è, ce l’hai con i gay, sei omofoba? Mi dispiace per te! Magari è così perché sotto sotto, sei lesbica e non lo vuoi ammettere neanche a te stessa!

Nunzia: – Guarda che io non sono quello che dici tu: ho anche il ragazzo, e se gli ripeto quello che mi hai detto…

Ben interrompe di nuovo sorridendo, ed esclama in tono quasi di sfida: – E cosa mi fa, mi rompe il… Oddio, cosa mi fanno dire!

Gion: – Su, su non litigate! Vi siete appena conosciuti e non è questo il modo migliore per cominciare un anno scolastico.

Nunzia, annuendo: – Ok, scusate un po’ tutti!

Ben, di seguito, dice anche lui qualcosa di simile.

Carlo Fedele, un altro presente, giovanotto alto e ben vestito, ma-gro e dal bel viso, si avvicina a Gion, gli porge la mano e lo saluta sorridente: – Ciao, io sono Carlo, mi piace il tuo stile, credo che an-dremo d’accordo.

Insomma, l’anno accademico comincia nel migliore dei modi, e i ragazzi socializzano immediatamente, pur se con qualche screzio, normale e inevitabile. Ormai sta per arrivare il professore, ed in tutto sono presenti, nell’aula, soltanto nove ragazzi, tutti più o meno ben vestiti ed all’apparenza molto educati. Arriva finalmente il docente, e i giovani prendono posto nei numerosi scanni, lasciandone comun-que vuoti la maggior parte. Il professore, alto nella media: 1,60 circa, in giacca e cravatta, con dei capelli corti, neri brizzolati, sui sessan-ta, perfettamente rasato, e con degli occhialini molto graziosi, forse un po’ troppo per il personaggio, ben presto, si siede, sistema le va-rie, sue cose e porge il suo saluto ai presenti: – Benvenuti, ragazzi, vedo che ci sono molti assenti; ma diciamo che si poteva immagina-re: primo giorno, piove, la temperatura già è rinfrescata di parec-chio… li conosceremo in seguito. Sono contento di iniziare con voi questa nuova avventura didattica; vi vedo tutti in forma, figli di papà ben vestiti e profumati; e sono molto contento di questo: proprio non sopporto gli sciatti e i maleducati, e soprattutto non ammetto vicino alla mia cattedra ragazzi che puzzano! Ma per fortuna in questa fa-coltà di solito non ce ne sono. Iniziamo, perciò, con il conoscerci, al-meno tra di noi presenti.

Il professore comincia a dialogare con gli allievi e si presenta, innanzi tutto: – Mi chiamo, Gennaro Romani, e, vediamo, vediamo, ecco, c’è in aula Gion Arezza?

Gion: – Sono io!

Romani: – Come mai lei ha questo nome “inglese”: Jhon; però è scritto in maniera stravagante, all’italiana: con la “g” e la “i”… mi spieghi?

Gion: – Ecco, vede professore, io non mi chiamo: Jhon, con la jay e la acca; ma bensì, Gion, con la g, i, o, n; che viene da Giona. Io mi chiamo, infatti: Giona; e dato che Giona, mi faceva troppo “vecchio testamento”, non mi piaceva tanto; e non volendo fare un torto a mio padre, cambiandolo, gli ho apportato soltanto una piccola modifica: semplicemente abbreviandolo in Gion, che per l’appunto suona un po’ inglese, e la cosa non mi dispiace! È stato un poco complicato far fare la modifica sulla carta d’identità, però alla fine ci sono riu-scito, per cui: Gion Arezza, è venuto fuori ufficialmente.

Il professore, sorridendo: – Bene, lei quindi è un simpatizzante della lingua anglosassone? La cosa potrebbe anche piacermi! – continuando il docente cambia interlocutore: – Vediamo, ecco, lei, signorina, sì, proprio lei, – rivolto a Nunzia, – che cosa mi racconta di lei, escludendo, se possibile, considerazioni su questioni di ordine sessuale o anche omosessuale di cui ho sentito prima vagamente discutere, che non ci riguardano?

Nunzia: – Mi sento di dovermi scusare nuovamente per il piccolo battibecco di prima, ma non era mia intenzione... Comunque, vuole sapere perché sono qui a matematica? Semplice, perché voglio stu-diare i segreti e i misteri dell’Universo, e soltanto a scienze fisiche, matematiche e naturali, questo è possibile!

Professore: – Quindi penso che lei non creda alla creazione, o al farneticare cervellotico dei filosofi, neanch’io!... Ma mi piace molto questo fatto di voler cercare nella scienza la risposta a tutti i quesiti che da sempre la razza umana si pone, e che da sempre non hanno avuto, finora, un’esauriente risposta.

Ben: – Io, se posso inserirmi nel discorso, invece ci credo alla creazione, e credo allo stesso tempo alla matematica e alla scienza: come diceva Einstein: “Dio non gioca a dadi!”

Professore: – Già, già… Lasciamo perdere!

Fede, inserendosi: – Posso?...

Romano: – Si presenti per cortesia

 

 

 

Continua…

 

 

        

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